Francesca

Immagine di Veronica Villa

Racconto scritto per Call rivista Gelo, ispirato all’immagine sopra, di Veronica Villa.

***

Luce. Finché ce n’è, sono al sicuro. Quando il giorno finisce, mi ritiro rincagnando, avvolgo sul rocchetto i fili del vivere e rimango in silenzio. La notte la trova addossata al televisore spento. Sullo schermo proietto per lei le ombre che ho scovato nel giorno finito. Lei mi guarda, mi ascolta, mi dedica tempo eppure non mi capisce e al mattino se ne va, messa in forno dall’alba, cotta dall’aurora. Se sono illuminato dal sole, posso uscire. Ho spezzato due denti nel corso degli anni. Mentre mordevo la vita, il primo. Prendendo di petto l’esistenza, il secondo. Quando non ero a metà e scivolavo soltanto sul Naviglio e l’unica preoccupazione era a quale lato accostarmi per ricevere cibo e non sapevo niente di braccia gambe denaro lavoro sussistenza, ecco, allora era bello, ma credevo fosse orribile. Dormire mangiare aspettare cibo cercare cibo pulirsi le piume spostarsi dalla Darsena verso la provincia e poi indietro, così noioso, così triste, mi stavo lasciando morire. Lei, che mi aveva portato da mangiare tante altre volte, si accorse subito che qualcosa non andava. Si sporgeva  oltre la ringhiera, mi seguiva mentre nuotavo verso la Darsena e lì si affacciava oltre il bordo di cemento, per farmi una carezza, incoraggiarmi, spronarmi a tirare su il collo, a continuare. Sempre meglio di quando a casa non si accorgeva di me. Scuotevo la testa, le davo una beccata leggera sul palmo aperto e riprendevo a nuotare, cercare cibo, aspettare il giorno, aspettare la notte. Ciò che gli altri scelgono per noi non può durare per sempre, si credono felici per aver avuto un potere che si scioglie nell’acqua al calore del rimorso. Piegai il capo, infilai il becco tra le piume e rimasi così, ignorandola, io non volevo più nuotare, né cercare cibo, né aspettare niente, ero un cigno sfinito. Se mi perdo lasciami andare, se muoio non ridarmi la vita, se affondo non tirarmi a galla. Lei voleva aiutarmi, voleva salvarmi, non capiva che aiutarmi e salvarmi erano cose che servivano a lei, non a me. Quando cadde in acqua, o ci si buttò, non feci niente né per allontanarmi, né per allontanarla. La vita è un Cupido fantastico; un ragazzino mi scoccò una freccia, uno di quei ragazzini che sanno come vanno le cose, che hanno capito come stare al mondo, che mirano dritto all’obiettivo e il suo obiettivo oggi ero io. La freccia arrivò nel fianco, un piccolo bruciore, non più forte di quando tiravo via qualche piuma per riprendermi da una nottataccia. Sfiorò lei e colpì in pieno me. È così che si uniscono gli amanti, amando nell’altro ciò che odiano in sé, salvando nell’altro ciò che è perduto dentro di loro; la mia freccia diventò la sua. Mi portò da un veterinario. Lui disse che non c’era nulla da fare, lei mi portò da un altro veterinario, io ormai ero gelido, rigido, brutto da vedere, senza più l’acqua a nascondermi le zampe. Di me si vedeva ogni cosa e non volevo. La sua violenza travestita da candido amore mi irritò, la sfiorai con la mia morte. Quando un cigno e una donna stringono un patto muto, nessuno dei due può sapere come andrà a finire. Andrebbero esplicitate le regole, chiarite le leggi che regoleranno l’unione, stringere accordi di comune accordo. Spiegare che io ero la sua anima e che me ne ero andata col cigno. Ma noi due eravamo nemici, fin dall’inizio eravamo stati un trio molto mal assortito. Io odiavo quel suo portare il cibo, quel suo volerlo vivo per il suo piacere di andare lì a sentirsi grande e importante perché dava da mangiare a un animale e intanto ignorava me. Fin da allora, senza saperlo, meditavo vendetta. Lei ama la bellezza regale, il portamento elegante, e se non fosse per quel suo lungo collo, lo tratterebbero come una papera qualsiasi. Spesso mi confondo e non so più se sono me o sono il cigno o sono la sua anima. Una rosa sarebbe una rosa anche con un altro nome, ma io non sarei più un cigno con un altro nome. E adesso che mi chiamo Francesca, che me ne faccio della mia bellezza di un tempo? Sono rimaste le zampe, due piedi in scarpe nere col tacco, è rimasto il becco, due labbra prominenti dipinte di nero, è rimasto il mio piumaggio, un abito nerissimo di vaporoso chiffon. Mi tiene in cucina, imbalsamato, per avermi sempre accanto e io continuo a confondermi tra lui e me, io sono l’anima o il cigno o Francesca. Francesca non sa che la morte, se ti sfiora senza prenderti, ti cancella un millimetro al giorno. Francesca è al sicuro con la luce, ma quando arriva il buio sente un dolore al fianco, tira su la maglia, guarda allo specchio e non trova mai niente. Sono io. Gli esami che continua a fare, non rivelano niente. Sono io. E perde ogni giorno un pezzetto di Francesca, meno fresca di ieri, meno altera di due giorni fa, meno allegra di tre giorni fa, sottrazione permanente di chi è stata. Ero io. È morta per droga, dicono, si dice, si direbbe. Invece si muore per la disperazione, per la tristezza che ti infila schegge di realtà sotto le unghie dei piedi. Francesca è morta per me. È morta senza aver vissuto con me. Mi ha proiettato su un cigno, mi ha accarezzato nelle piume di uno stupido uccello acquatico, quando mi aveva con sé, ogni istante. È stato stupido da parte sua cercare di nutrirmi lanciando pane a un piumato, invece di coccolare e nutrire me, che ero davvero ciò che andava protetto, scoperto, frequentato, seguito. Io ero nella sua Darsena e lei cercava fuori, stando poggiata a una ringhiera di ferro arrugginito, quando doveva stare con me, poggiata alla ruggine del mio rancore. Quel televisore, in cui finiva per nuotare a ogni rientro, un giorno per fortuna è scoppiato. Ha pianto, poi ha cominciato a stargli accanto, al buio, e ho capito che non era ancora finita la mia lotta per farmi vedere. Sembrava esserci solo il cigno a consolarla di quella grave perdita. E allora ho giocato d’astuzia. Dovevo riuscire a intrufolarmi fra lei e il cigno. Ma ho fallito di nuovo, la freccia ci ha toccati entrambi ma non è riuscita a riunirci. Non mi è rimasta altra scelta. È durato un istante soltanto, quel breve attimo in cui la luce del giorno entrando dalle persiane le ha colpito il viso, lei si è svegliata, io ero lì, vicino a lei. Dovremo tornare, io sempre nascosto, lei con chissà quale nome, ma adesso, lei stesa nel letto, io in piedi accanto al suo corpo liberato dalle piume, non siamo che un cigno e una donna, separati dal non vedersi, uniti dalla luce che anche oggi si porterà via il mio amore con l’alba

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23 pensieri riguardo “Francesca

  1. Ciao Grazia,
    il tuo racconto mi piace moltissimo.
    Mi piacerebbe ripubblicarlo, specificando, naturalmente, che è il tuo!
    Un abbraccio
    Valeria

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    1. Grazie 😊 certo, percepire pure con reblog, mi fa piacere. Grazie mille per aver letto 🙂💝

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      1. Grazie a te per aver scritto!
        Un abbraccio 😄😀💝💟💚👍👋

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      2. Solito t9, era procedi non percepire 😊😱

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      3. Tranquilla, era tutto chiarissimo! 😄🥰

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    1. Grazie, che gentile, grazie per aver dedicato tempo alla lettura e per il commento 💝

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      1. Grazie a te per averci regalato una storia affascinante 🦢

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  2. Ciao! Bellissimo, tantissimi complimenti! 🤗🌹💞

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  3. emanuelefasciani68 12 Feb 2023 — 1:51

    Come ogni altro opera è scritta molto bene, con le parole che descrivono attentamente la scena.
    In attesa di un’altra narrazione di Grazia

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    1. Che carino 😊❤️ grazie mille per aver letto e per essere sempre così gentile

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  4. Ci metterò un bel po’ a capire… come del resto è giusto che sia, per un racconto così metaforico

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  5. Mi sa che la rivista la pensa uguale infatti l’hanno scartato 😁😁😇

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    1. Peccato, perché è ricco di significati che ognuno proietta, ed è come e dove dovrebbe portare l’arte no? Nell’introspezione

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      1. Che belle parole, grazie infinite 💜

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      2. Ora, se è vero che si tratta anche di vendere, quindi capisco un po’ la rivista (un po’) ma un racconto come un libro devono anche poter creare pensieri, riflessioni, introspezione. Sennò i Tagli di Fontana non avrebbero avuto senso.
        Quindi, anche un racconto (scritto bene) ma complicato e complesso, ha un suo valore per questo.

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      3. Già, considerazioni più che valide

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  6. L’ho riletto con tantissimo piacere, cara Grazia 💜💜💜

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  7. Grazie Valeria. Sono un poco assente ma sto cercando di liberarmi da qualche groviglio e spero di tornare presto con nuove storie. Grazie mille per le parole gentili e per il tempo dedicato alla lettura

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