Zona mutanda

Racconto scritto per call pornografica Ultima chiavata della rivista Malgrado le mosche – MLM ( cliccare qui). Il mio racconto in realtà non è pornografico (per una volta che mi chiedevano espressamente di scrivere porno…) e quindi so già che lo scarteranno, ma a me è venuto questo di testo e questo ho scritto.

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Mail di rifiuto pervenuta il 25.9.2023 con la seguente motivazione:
“Il tuo racconto ci è sembrato reggersi su troppo poco, l’idea del sesso con l’animale è buona, ma il riferimento alla canzone rende tutto troppo grottesco. Ovviamente, come sempre, è la nostra opinione, vale nella misura in cui ci troviamo a dover selezionare delle cose, ma non è la verità rivelata. “

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7.550 caratteri, spazi inclusi

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Casino infinito, cataclisma irreversibile, e, dietro al vetro della finestra, un enorme gorilla, il mio preferito, un silver back. Da quando gli ecosistemi sono saltati, si è squilibrato tutto, animali, e piante sradicate, vagano in giro come possono, per salvarsi dal disastro.
E io qui dentro, che non ho mai lasciato casa, con Lodovico che non la smette di far penzolare il suo scialbo orecchino credendosi figo e intanto cerca di sfilarsi i boxer dopo avermi privata dei vestiti.
Ora.

Io dico.
Ci siamo lasciati mesi fa, dopo aver discusso dei punti, delle virgole, del testosterone, del perché e del per come. Ci siamo ritrovati solo perché qui sta precipitando tutto, siamo alla frutta, alla fine, all’epilogo, all’ecatombe.
Invece lui, come sempre, ha il cervello in zona mutanda, e non capisce. È convinto di poter salvare la situazione, noi due insieme, ultimi superstiti. Faremo ciò che nessun altro è riuscito a fare, secondo lui. Si crede sempre più furbo, più bravo, più tutto.
Dondola la testa, con movenze che dovrebbero essere sensuali, e, col rantolo di un tricheco in calore, prossimo alla dipartita, dice:
– Vieni qui, lasciati chiavare.
Una volta Lodovico mi piaceva, con tutti i suoi ricci fichissimi, i suoi occhialini intellettualoidi, il corpo magro da non mangio perché vivo di letteratura, i suoi discorsi su scrittura creativa e letture impegnate. Perché Lodovico è uno che di cose belle ne fa, solo non a letto, col sesso è proprio negato. La sua testa è un’immensa mutanda land, ma è tutto cervellotico, all’atto pratico non ci sa proprio fare. Finché si tratta di parlare, stupendo, ma per il resto, meglio leggere Anais Nin, o Henry Miller, che di erotismo ne capivano e sapevano cosa fare con le mani, tanto sulla tastiera quanto sulla testiera del letto. Le mani di Lodovico, però, va detto, sono proprio belle. Da pianista, le definivo, anche se più che crearci duetti sessuali, ci creava ottime melodie onaniste.
Però.
Voglio dire.
Abbiamo un gorilla alla finestra, il resto del mondo è in corso di cancellazione per la distruzione di foreste pluviali che ormai piovono lacrime senza fine, è tutto un fangoso pantano, ci siamo solo più io e lui, e lo so che è così, siamo al game over: sono giorni che la televisione ha smesso di dare notizie. I programmi si sono via via fermati, gli schermi sono diventati fissi sulla stessa immagine apocalittica, e lui ancora sta lì, come un mobile Ikea da montare, steso su un fianco, più sfatto del letto in cui si va rotolando da quando è arrivato, col sex appeal di una trave tarlata. Dal soffitto gocciola intonaco, liquefatto dall’umidità, il pavimento è scivoloso. Corro verso la cucina. Io, almeno, alla fine ho capito la gravità della situazione. Vestita di sobria incazzatura, torno in camera armata di forbici, gli taglio via i boxer, trattenendo da ultimo il mio impulso reale sul cosa tagliare, e dico:
– L’ultima cosa che voglio è chiavare con te.
– Tesoro mio, lo sapevo che ne avevi voglia.
– È proprio l’ultima cosa che voglio fare.
Si tira su a sedere, mi guarda con occhio miope, prontissimo alla copula, voglioso di conturbante sfregamento yoni lingam, dice:
– Amore mio.
Dico:
– Dillo a lui.
Spalanco la finestra, il bestione entra ma pare che nemmeno lui abbia poi tutta sta voglia di chiavare con Lodovico, nonostante questo nome di origine germanica scelto da sua madre. Che, se lo vedesse ora, si pentirebbe di aver pensato al figlio imbelle come a un combattente valoroso. In effetti non sarebbe bello che sua madre lo vedesse ora, nudo, semi eretto nel corpo, flaccido nella sua imbarazzante virilità morta, ora che la paura gli ha fatto scappare via, dai corpi cavernosi, il periglioso liquido che sosteneva i suoi maiali intenti. Che poi dovrebbero essere i maiali, semmai, ad avere i Lodovichi intenti, e non il contrario.
Inutile anche chiedermi perché mai io sia ancora qui, nella stanza con Lodovico, dato che siamo rimasti solo io e lui. E il gorilla, ok, un triangolo male assortito. Ma il tentativo di salvare la specie, quella definita umana, andrebbe portato avanti, e siamo gli ultimi riproduttori rimasti, i masterizzatori residui. Il portatore di sperma qui presente, una volta è stato il mio fidanzato, mentore, guru, tipo, amante, coso, giocattolo sessuale. No, questo no, in effetti, a letto con lui non c’era granché da divertirsi, giocattolo no. Comunque, all’inizio, quando la catastrofe è iniziata, io pensavo di farcela a immolarmi, credevo di avere il fegato di una guerriera, il coraggio di Giovanna d’Arco. In effetti mi chiamo come lei, ma è l’unica cosa che abbiamo in comune. Avevamo concordato, io e Lodovico, di rivederci qui da me, quando stava diventando chiaro che tutto volgeva al peggio. Lui ha sempre usato questi due verbi che odio: chiavare e scopare, diceva ogni volta:
– Il sesso deve essere sporco.
– Forse intendi che il sesso è sporco solo quando è fatto bene, e comunque Woody Allen non si riferiva all’eloquio.
Ne abbiamo avute tante di lunghe e faticose discussioni ma insomma, inutile ripensare al passato. A breve non avremo più né quello, né un presente, né un futuro, e non ci saremo nemmeno più noi due. A dirla tutta ne sono felice. Di non dover più congiungermi con Lodovico, dico. Anche di essere distrutta, sono felice, ormai. Alla fine il sesso questo fa, distrugge e crea.
L’elettricità c’è ancora, accendo lo stereo, lascio su il cd di Fabrizio De André, rendo onore a Genova che sta sprofondando, con me e Lodovico, nel mare primordiale da cui eravamo emersi. Le navi da crociera piegate di lato, il porto ormai sparito tra i flutti, le case inghiottite dall’azzurro mare che, indifferente, fa ciò che va fatto, salire di livello.
E guardo il silver back, che guarda Lodovico, che guarda me, e dallo stereo parte la strofa:

La bestia uscendo fuori di là

Disse “quest’oggi me la levo”

Parlava della verginità

Di cui ancora viveva schiavo

Attenti al gorilla

a me, il bestione pare parecchio interessato, forse è vergine, forse è schiavo, ma a quel punto pare dar corpo all’altra strofa:

Quello che avvenne fra l’erba alta

Non posso dirlo per intero

Ma lo spettacolo fu avvincente

E la “suspence” ci fu davvero

e insomma fu così che, il buon Lodovico, fu sbatacchiato nell’erba bagnata, fuori, sul prato, nel mio giardino, umido molto, contento poco, strillante, urlante, e io tifo gorilla e rido beata, perché quello sì che è stato davvero chiavare. Mi aveva stremato con i significati delle parole, con le virgole, con l’etimologia, con le parole giuste al momento giusto, ora veniva inchiodato, inchiavardato, puntellato. Alla fine un poco mi dispiace, vederlo lì, affaticato, stordito, sull’erba inzuppata di pioggia e seme animalesco, ma quando il gorilla si volta per andarsene, non posso che sorridere alla sua schiena poderosa. A lui, che vittorioso se ne torna in un mondo quasi del tutto libero da bipedi distruttori.
Lodovico la sua ultima chiavata alla fine l’ha avuta. La canzone del cd continua a intrattenerci, in attesa che tutto finisca.
Il cielo è ancora plumbeo, piove fortissimo. Lodovico, privo di sensi, viene sommerso dal mare. Io mi siedo sul davanzale e aspetto. Sono rimasta solo io. Ora che Lodovico davvero non c’è più, ora che nessun altro della mia specie c’è più, né potrà più esserci, so che dovrei sentirmi responsabile della fine dell’umanità. Invece mi accendo una sigaretta, assisto alla rivincita del mare, che sta salendo lungo i miei polpacci. Spengo la cicca nel posacenere, do il mio addio per sempre a Eros e mi butto serena tra le braccia di Thanatos.

2 pensieri riguardo “Zona mutanda

  1. emanuelefasciani68 26 Set 2023 — 9:24

    un’altra chicca prelibata, un’ennasima dimostrazione della tua capacità di creare arte. Lineare, semplice riesca come glia litri tuoi scritti a creare immagini, a far vedere al lettore ciò che sta accadendo ai protagonisti del racconto.

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    1. Grazie 🙂🩷 sempre gentile a leggere e sempre carino con i commenti. Grazie tantissimo

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